L’amica Diana Bonsignore ha autorizzato il nostro blog giornalistico a riprendere il seguente suo post di Facebook:
” Fino a oggi, pensavo che fosse una minoranza quella che sfidava il coronavirus, che attuava comportamenti sbagliati, che metteva tutti in pericolo. Una minoranza ignorante, una minoranza alla “Angela da Mondello” (non ce n’è coviddi!)
Oggi non mi è parsa più questa la realtà. Nonostante le restrizioni, ho visto persone dentro negozi con la mascherina sotto il naso e assembramenti davanti ai bar.
Non ha neppure più senso multare (ma tanto qui a Sciacca nemmeno si multa) il gruppo di dieci anziani senza mascherina che socializza fuori dal bar. O il ragazzetto che acquista le sigarette con la mascherina sotto il naso.
Che te ne fai? Nessuno vuole punire nessuno…ma poi, chi deve pagare queste ipotetiche multe? In un periodo in cui non becchi per sbaglio una persona che non chiede, per un motivo o per un altro, soldi allo stato, il governo può, in pratica, prima multare e poi pagarsi da solo le multe.
È un senso di incertezza che ti attraversa, un senso di impotenza.
Ma leggono i giornali? I tg li guardano? Sentono cosa sta succedendo nel mondo?
Perché io posso capire tante cose. Posso capire che è difficile gestire la scuola, i trasporti, l’economia…capisco che è una matassa complicatissima da sbrogliare. Ma non capisco – proprio non ci riesco – il tizio che, a oggi, deve stare per strada, con altre 10 persone, senza mascherina. Non capisco il tizio che entra in un piccolo ambiente chiuso, come un negozio, e non può fare lo sforzo di tirare su la mascherina fino a coprire il naso.
Mi dico che si tratta di ignoranza, di “sfidare la vita”, di pensare che tanto le cose capitano sempre agli altri (e di non provare un briciolo di empatia, umanità, verso l’altro). Fatto sta che, a malincuore, fino a poco tempo fa credevo che delle regole rigide avrebbero migliorato la situazione disastrosa. A malincuore, perché le imposizioni, specie alle persone come me che rispettando le regole della convivenza civile senza la necessità di un divieto imposto, non piacciono. Però credevo che le regole avrebbero potuto arginare. Ora non lo credo più.
In questi giorni ho visto solo regole non rispettate. Ho visto solo insofferenza. Ho visto solo gente incattivita. Ho visto solo gente che mette tutti a rischio senza un reale obiettivo: che giovamento puoi trarre nell’entrare in un negozio senza una mascherina? Che sforzo ti eviti o che piacere ti dai? Niente di niente.
Ed è questa la cosa che ho capito ultimamente: non può esserci regola rigida, lockdown del caso, intervento del governo, analisi degli esperti etc. utile. Niente di niente. La gente muore e continuerà a morire perché ci sarà uno stronzo che tossisce senza mascherina mentre ti passa accanto. Un dato semplicissimo. Non siamo tutti nelle mani di un governo o simile, siamo tutti nelle mani di quello stronzo. E ti ci devi anche rassegnare a questa idea perché, in un paese civile, non lo puoi certo fucilare o buttare in carcere.
Ecco, io “non mi rassegno”, come mi ha detto una mia amica giorni fa. Non sono stata mai capace di farlo, di rassegnarmi nella vita. È il mio più grande limite. Non mi rassegno all’idea che tanta sofferenza potrebbe essere evitata se solo le persone avessero un minimo di rispetto per il prossimo, per il valore della vita.
A fare acqua da tutti i lati è la nostra società, i nostri legami, le nostre relazioni. La famiglia ha fallito, in primis. Che tessuto affettivo solido è stato creato se non si vuole proteggere quello che, bene o male, abbiamo tutti accanto: soggetti più fragili, perché anziani o perché malati (spesso le due cose vanno a braccetto per forza di cose)? Nessuno. Non c’è una trama di amore, perché l’amore è prima di ogni altra cosa cura, attenzione, accudimento, a costo anche di qualche sacrificio. Non ha più valore la memoria, quello da cui veniamo, gli anziani (alcuni suggeriscono anche di isolarli. Sì, perché no? Un tempo c’erano le scuole speciali per le persone con disabilità, oggi creiamo dei ricoveri per anziani e malati… segreghiamo, tanto, a che servono? Non producono nemmeno più!). Sono scarti, gli anziani e i malati, quindi sacrificabili.
È sbagliato dire che il covid sta creando tanta sofferenza. Il covid è una malattia, una pandemia, come già ce ne sono state. Il covid è arrivato e, grazie alla scienza, scomparirà. A creare tanta sofferenza è l’impatto di una malattia grave – che quindi richiede attenzione, precauzioni, rinunce, pazienza, generosità, altruismo, rispetto, forza – in una società come la nostra.
Il covid, sostanzialmente, ha solo accelerato un processo in atto. Solo che, di questo processo, la gente poteva anche fregarsene perché, tanto, crea danni a lungo termine. Non ci si pensava al mondo che si lascerà ai nostri figli (per chi li ha, dato che ci vuole molto coraggio per mettere figli al mondo in questo mondo!), poco importava se era storto, ingiusto, inquinato, violento, malato, impoverito. Si continuava a pensare al proprio piccolo giardino, tutto aveva la misura del proprio ingannevole benessere. Oggi, il covid ci restituisce le conseguenze del nostro agire con conseguenze grandi, gravi e immediate . E, purtroppo, mette in luce l’aspetto peggiore di quella reciprocità, di quella dipendenza, che neghiamo, che non curiamo e valorizziamo, ovvero che non serve a nulla agire bene se non lo fanno anche gli altri . Tutto qui.”
DIANA BONSIGNORE