A volte ti capita di scoprire come dietro la locandina di un evento ci possa essere non soltanto l’impegno qualificato dei suoi interpreti, ma qualcosa di molto più profondo.

E’ questo il caso di “ Nessun uomo è luce a sé stesso”, attraverso le letture magistralmente drammatizzate a più voci da Franco Bruno, Paola Caracappa e Giusy Di Giovanna, sulle note di Ignazio Catanzaro (pianoforte) e Salvatore Amplo (violino), tratte e adattate dal saggio dell’avv.. Michele Barbera sulla figura e sull’omicidio del giudice Rosario Livatino, proclamato beato e martire pochi mesi or sono.

Quel qualcosa di più profondo è la storia di “vita ordinaria” di un “ giudice ragazzino” della nostra terra, che diventa straordinaria perché illuminata da una fede in Dio intensamente vissuta e totalmente trasfusa nella visione etica e nella prassi quotidiana del proprio lavoro di magistrato, che in nome di una legge umana illuminata dalla luce della Parola di Cristo diventa uno strumento di giustizia che attira su di sé la vendetta delle cosche mafiose, in odio alla fede.

Questa storia bellissima e tragica di un uomo della nostra terra, di nome Rosario Livatino, è stata ricostruita dal nostro concittadino avv. Barbera, che ha raccolto uno stimolo a suo tempo lanciatogli dal Cardinale Don Franco Montenegro e che nel suo saggio ha condensato non solo il frutto della sua attenta ricerca sulla vita e le opere del giudice agrigentino ma anche le proprie personali conoscenze di legge, di filosofia e di teologia.

Questo libro, dal titolo “Nessun uomo è luce a se stesso’ è diventato ieri sera parola viva nella mirabile cornice dell’atrio superiore del Comune di Sciacca grazie a Franco Bruno, che lo ha inserito nella propria rassegna “Le parole che non ti ho letto…”, di cui ha curato la regia e che riprenderà il 19 agosto come da programma qui di seguito riportato.

Bravi tutti, Franco, le due lettrici che lo hanno coadiuvato, i due musicisti e il pubblico presente che ha scoperto o riscoperto la figura di un beato, martire per la propria fede:

dopo l’omicidio, gli investigatori impiegarono mesi per decodificare l’acronimo “S.T.D.”, riportato su appunti, documenti e quaderni del magistrato e inizialmente scambiato per un codice segreto. Alla fine si scoprì che si trattava di un constante affidamento che Livatino faceva a Dio: le tre lettere stavano per “Sub Tutela Dei” (sotto la protezione del Signore”), principio ispiratore della sua vita e segno della sua spiritualità profonda.

Un pensiero su “QUANDO DIETRO UNA LOCANDINA CI STA UNA STORIA STRAORDINARIA”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *