Quando ho chiesto ad alcune amiche e amici di farmi avere una foto del loro papà, sapevo di metterli in confusione. La difficoltà stava nel trovarne una in cui si fosse insieme al proprio padre, cosa che, anni orsono, non era abituale e scontata, come adesso. Ma sapevo anche che, dopo qualche oretta di noncuranza, si sarebbe fatto spazio nella mente di ciascuno un momento di riflessione e di impegno nell’aprire i cassetti del passato, alla ricerca di uno scatto, più o meno sbiadito da affidarmi.
Dopo un paio di giorni dunque, mi sono pervenute tantissime foto di tanti papà. Per ovvi motivi anagrafici molti di loro non ci sono più; ma alcuni ci sono ancora, per allietare la famiglia con la loro presenza, nel giorno a loro dedicato. Questo articolo è dedicato a tutti i padri, quelli di oggi, quelli di ieri.
I nostri padri erano delle persone tutte d’un pezzo. Quei padri di famiglia che uscivano la mattina per andare al lavoro e rientravano stanchi la sera, cenavano con tutta la famiglia attorno a un tavolo e andavano a letto per alzarsi prestissimo la mattina seguente. Erano, per lo più, di poche parole, quelle essenziali. La loro autorevolezza stava negli sguardi. Loro parlavano con lo sguardo. Se erano allegri…tutti lo eravamo; se erano di malumore…meglio stare zitti. Ma li rendeva grandi la capacità di lasciare fuori dalla porta di casa i pensieri e le preoccupazioni che li assillavano.
Pur sforzandosi di mantenere un ruolo che imponeva una certa severità, i loro momenti di tenerezza erano quanto di più bello ci potesse accadere. Magari le carezze ce le facevano mentre dormivamo. Ma solo perchè questa era una certa mentalità di allora, con buona pace della Montessori.
Non sapevano molto di noi e delle nostre cose. Le depositarie delle nostre poche confidenze erano le mamme. Loro erano gli ultimi a sapere dei nostri flirt, delle nostre spese spesso avventate , dei nostri insuccessi scolastici. “Firma del padre o di chi ne fa le veci” e papà , distrattamente, firmava la nostra pagella, la giustificazione delle nostre assenze e quanto altro, per necessità, gli mettevamo sotto il naso.
Molti tuttavia, , per carattere, erano giocosi, compagnoni, e non si vergognavano a manifestare dolcezza e a elargire carezze e baci e anche ad ascoltare la quotidianità dei figli. Cosa molto rara e solo in determinati momenti.
Ma poi arrivava il giorno del loro trionfo: quando ci portavano all’altare nel giorno delle nostre nozze. Eleganti, orgogliosi, compiaciuti, si abbandonavano a quelle poche ore di “mondanità” e di successo personale. Finalmente, in primo piano e … ampiamente fotografati! Frastornati dai febbrili preparativi che avevano sovvertito per settimane la vita della loro casa, emozionati nel consegnare quelle ragazze che fino al giorno prima erano state le loro bambine a degli sconosciuti… Loro non sapevano nulla di corredi, abiti da sposa, bomboniere…
Nella foto: Giusy Dulcimascolo con il padre Alfonso; Luisa Troso con il padre Antonio.
Nella società siciliana, a dispetto della presunta autorità del pater familias, imperava il matriarcato. Erano le nostre mamme a comandare e a gestire tutto quello che riguardava la casa e i figli. I padri erano più defilati, ecco perché ne avvertivamo la presenza come meno costante, sebbene rappresentassero per noi un punto di riferimento imprescindibile. Ma i papà ci davano sicurezza e sapevamo di potere contare su di loro, se non per i piccoli problemi quotidiani, ma sicuramente per quelli molto seri che ci potevano capitare.
Alcuni padri sono delle vere rocce cui appoggiarsi; un sostegno fisico e spirituale fortissimo che accompagna nel percorso di vita e di impegno politico, qualunque esso sia. Pronti a condividere e a incoraggiare…sempre.
Alcuni sono riusciti a trasmettere ai figli una propria passione personale, coltivata ancora oggi : la musica o il giornalismo, come Tommaso Gulino al figlio Giuseppe; Enzo Porrello al figlio Nino (qui sotto)
Altri continuano a stimolarli e sostenere il loro profondo senso civico, forti della loro esperienza e della loro indiscussa professionalità.
Sotto: Giovanna Craparo con il padre Giuseppe
I padri di oggi sono più affettuosi, più dolci, meno rigidi o autoritari. I tempi sono cambiati, certo. Ma, con il senno di poi, dobbiamo dire grazie, comunque, ai nostri padri, un pò antiquati, autoritari, un pò distaccati, perché ci hanno dato regole precise, punti di riferimento certi, sicurezza e senso di autonomia. Ci hanno insegnato a lottare per affermarci. Ci hanno incoraggiato e sostenuto, ma hanno preteso, da parte nostra, senso di responsabilità e impegno, valori che ci hanno accompagnato fino a qui.
A tutti loro va , oggi, il nostro grazie!