L’arte pittorica di Totò Di Marca si snoda attraverso percorsi che manifestano uno stretto rapporto con i miti, le tradizioni, la storia di una Sicilia amata, profondamente amata e a volte anche odiata. In alcuni dipinti degli anni ‘90 tuttavia, rivendicando il suo ruolo sociale, l’artista recupera il senso della realtà e il rapporto sano con la cittadinanza, attraverso un grande lavoro strettamente collegato con i sentimenti popolari. Tra questi, quello della lotta alla mafia rappresenta uno degli elementi di cui Totò Di Marca si fa interprete, alla sua maniera, personale e originalissima.
La pittura diventa quindi un filtro della realtà sociale, strumento di libertà attuale e futura per un’inconsueta visione di ciò che sono state le mafie, di quello che sono oggi e di come si insinuano nel nostro quotidiano. Tre opere sono datate 1990-95 e sono state realizzate ad olio e collage di articoli di giornale dell’epoca, che narravano delle stragi di mafia.
L’ultima, un olio su tela realizzata nel 2003, è un omaggio alle vittime della mafia, i martiri del nostro tempo.
Traendo lo spunto dell’articolo “Quando la mafia vuole, la mafia entra in ogni casa” Di Marca ha immaginato una scena che molti di noi abbiamo vissuto acquistando un polipo, allorquando, scartocciandolo in cucina, il polipo apparentemente morto, riapre gli occhi e tende i tentacoli cercando di avvinghiare ciò che è a lui vicino. E si rimane atterriti, impossibilitati a reagire, mentre “lui” si fa sempre più invadente.
La stessa cosa succede quando una persona è spinta a rivolgersi, per soddisfare le proprie esigenze, ad un soggetto per chiedergli un favore, nella consapevolezza che quel favore non si sarebbe mai potuto ottenere legalmente. Il favore lo ottiene, ma nello stesso istante la piovra si impossessa di lei , distruggendo la sua esistenza.
Nel secondo dipinto, la scena vede in primo piano l’eroe dei fumetti che l’autore leggeva nella sua infanzia: Tex Willer, sempre solo a lottare per affermare la legalità, nel momento in cui cerca di difendersi da un agguato.
Sullo sfondo due stragi, quelle dei magistrati Cesare Terranova e Rocco Chinnici, uomini soli, uccisi perché difendevano legalità.
Tutta la scena è dominata dall’immagine e da un senso di morte che, indifferente alla immane tragedia avvenuta, celebra il suo trionfo sulla caducità umana.
“Hanno ucciso un altro” così un quotidiano intitola l’articolo per annunciare l’ennesimo delitto di mafia. In primo piano giace la vittima e accanto a lui il pianto straziante e disperato della madre, la Sicilia. Nella vignetta di un altro quotidiano viene raffigurato un politico che esordisce: “Lo Stato vi chiede perdono”, mentre i suoi omologhi, spettatori come gli antichi romani all’interno del Colosseo, assistono impassibili e inermi alle stragi che si perpetuano nell’odierna arena.
L’opera “La crocifissione – i martiri del nostro tempo” fa parte del ciclo pittorico: “vita, passione, morte e resurrezione della gente di Sicilia” nel quale, creando un parallelismo con la vita di Gesù, Totò Di Marca ripercorre, raffigurandone le scene, la vita della gente di Sicilia.
L’opera rende memoria alle vittime di mafia e, in particolare, ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, martiri del nostro tempo, e ha come scenario quello della strage di Capaci.
L’artista frantuma e sconvolge la forma lasciandola però intellegibile. Adotta iconografie emblematiche, legate al paesaggio e ai simboli della Sicilia, traducendo l’epicità del racconto in una dimensione universale metastorica, simbolica degli orrori causati dalla mafia. L’arte in questo caso diventa denuncia e costituisce un monito contro ogni forma di violenza.