Oggi Ricordiamo Padre Pino Puglisi. Il prete degli Ultimi e dei Giovani.
A Sciacca la Fondazione Accursio Miraglia lo ha voluto “ricordare come chi non si è mai fermato davanti a minacce e intimidazioni e che ha saputo morire guardando in faccia i suoi assassini: RIPOSA IN PACE FRA GLI ANGELI E GLI EROI”.
ServireSciacca da parte sua Lo fa con queste parole di Gianluca Tantillo:
“Sono da poco gli anni ’70 e un prete di circa trentacinque anni viene nominato parroco di Godrano, un paesino collinare in provincia di Palermo.
Negli stessi anni Lucio Battisti cantando si chiede “come può uno scoglio arginare il mare?”. Forse se lo chiede pure Don Pino Puglisi – che ogni tanto alla radio se la sente pure passare questa canzone – anche se magari non ha compreso appieno la difficoltà di contenere veramente il mare, perché ancora non aveva fatto ritorno a Brancaccio.
In più a Godrano dilaga la paura di una possibile faida tra due famiglie contrapposte, ma Pino, che è palermitano doc, e sa benissimo che in un paese comandano il maresciallo, il sindaco, il mafioso e il parrino, fa due più due e si rende conto che forse qualcosa la può dire pure lui (d’altronde i proverbi non sgarrano mai).
L’inizio della faida si interrompe e le famiglie si riconciliano. «Certo – dice Pino – non è il massimo, ma già è un inizio».
Brancaccio si chiama così perché prende il nome da una importante famiglia nobiliare di origini napoletane che con Don Antonio mette in piedi la chiesa di Sant’Anna (poi cambia nome in San Gaetano da Thiene).
Già, Don Antonio Brancaccio, prima di lui gli emiri e quel famoso Federico II che per le cose belle teneva occhio fino. E l’occhio fino lo tiene pure Padre Puglisi che il 29 settembre (e vedi se non c’entra Lucio Battisti) del 1990 viene nominato parroco di San Gaetano, proprio nel quartiere Brancaccio, dove capisce subito, come dice sempre la canzone sopracitata, che “senza ali, tu lo sai, non si vola”.
Realizza che le maniche dell’abito talare sono troppo lunghe e pulite per quel quartiere che invece ha bisogno di mani che si sporchino.
E così ripulisce la parrocchia, che è più vuota degli stipetti della gente affamata dalla disperazione, e si mette fuori dal portone col sorriso nel tentativo di incrociare gli sguardi troppo abituati a fissare il marciapiede per non vedere cose che non si devono vedere.
E sempre col sorriso (e ormai ce ne andiamo di Battisti) sembra chiedergli: “Dove vai quando poi resti sola? Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…”.
In questo modo, con una granita d’estate e una cioccolata d’inverno, quando si può ovviamente, li prende uno per uno e li ripara dal caldo come dalla pioggia.
Donne, mariti disperati, ma soprattutto i picciriddi. Quando vede i bambini si ricorda di sua mamma, Giuseppina Fana, e che era una sarta, e pensa che un filo come univa gli strappi dei pantaloni, avrebbe potuto riparare pure Brancaccio.
Il filo del coraggio ci vuole… certo costa di più, ma quello ci vuole.
Adagio adagio Pino se lo comincia a chiedere “come può uno scoglio arginare il mare” e si accorge che questa donchisciottesca lotta che si è messo in testa – con la differenza che il suo Sancho il più delle volte gli dice “Peppì, ma che ti te lo fa fare?” – è piena di “discese ardite e di risalite”, proprio come le strade di Brancaccio (anche se è piana tiene le salite della vita). Tutto si riduce a una contraddizione perpetua, prima “su nel cielo aperto e poi giù il deserto”.
E questi sbalzi ogni tanto gli prendono male a Peppino, specie quando rimane da solo e con la testa in alto verso quel Dio che spera ci sia chiede a sé stesso “dove vai quando poi resti solo?”.
Purtroppo per lui non c’è nessuno a sorridere di fronte il portone di quella chiesa.
Prega, spera, e, sempre citando la canzone, forse pensa di quella sua fede che ha scelto per amore: “stalattiti sul soffitto i miei giorni con lei… ho paura a dirti che per te mi svegliai”. Alla fine lo scoglio non riesce ad arginarlo il mare, però si trasforma in una montagna.
Il 15 settembre del 1993 compie 56 anni Peppino. È circa ora di cena e sta entrando nel portone di casa le cui chiavi non funzionano neanche troppo bene. Si accorge che ci sta qualcuno dietro di lui. Lo chiamano per nome: “Don Puglisi!” Lui si girà e quello è l’ultimo sorriso che Pino è perfino in grado di regalare ai suoi killer.
“Oramai fra di noi solo un passo”, dice fra sé pensando all’inesorabile, “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…”
E basta, tutto finisce lì…
La vita Don Peppino Puglisi termina con quegli spari, ma da quelle stesse scintille che puzzano d’infamità a polvere da sparo comincia la sua leggenda che non finirà più”.