“Vaitivi a cucari chi li morti sunnu iunti a la Porta Palermu” … Questo cantavamo spensierati i ragazzini per i vicoli del mio quartiere con l’auspicio che i morti arrivando ci riempissero di doni… I morti infatti non ci facevano paura perché eravamo stati educati ad aspettare i doni che amorevolmente ci avrebbero portato nella notte tra l’uno e il due di novembre….Grande era l’entusiasmo e trepidante l’attesa per ciò che avremmo trovato al mattino nascosto sotto il letto, dietro la tenda o nel camerino…Mi ricordo che quando eravamo molto piccoli intorno agli anni ‘60 trovavano dai nonni un canestro ripieno a volte di frutta martorna, taralli, dai noi conosciuti come “cosi ruci” biscotti ‘nciminati cu a giuggiulena e scardellini o ossa dei morti perché croccanti e duri. Altre volte un melograno, una banana,qualche mela e dei biscotti fatti in casa, ma in bellavista c’era sempre una bella e colorata “pupa di zuccaru” collocata al centro del canestro… Crescendo aspettavamo questa notte sempre con più entusiasmo. Andavamo a letto presto per svegliarci prima possibile per ricercare i doni… La via Friscia il 2 mattino era stracolma di ragazzini gioiosi che giocavano con i doni che i loro morti avevano portato. Bambole, carrozzine, spazzole, fono, pettini, pentole e arredi per cucina, piccoli salottini e divani costruiti da esperti artigiani per le bambine; indiani con carrozzine e cavalli, palloni, cappelli e vestiti di sceriffo, foderi e pistole per i maschietti. I ragazzini del quartiere ci incontravamo quasi all’alba per cominciare a sparare ed a organizzare spietate e ingenue sparatorie che con la fantasia ci riportavano in dei veri e propri set cinematografici dove ognuno di noi era l’eroe di turno… Una frase rimbombava nei vicoli del quartiere “ chi ti puttaru i morti”…I più fortunati ostentavano il regalo ricevuto, i meno fortunati, con ironia, o forse per esorcizzare il dolore o ancora meglio la vergogna di non avere ricevuto niente, rispondevano “na pupa cu l’anchi totti”….Non dimenticherò mai quando i miei morti mi fecero trovare la mia prima bicicletta…. rigorosamente di seconda mano e che si è bucata proprio la stessa mattina in cui la ricevevo… Con il passare degli anni le vie del quartiere erano sempre meno gremiti di gioiosi bambini…Ogni anno sempre dimeno erano i ragazzi e i bambini che gioivano dei doni ricevuti e che si chiedevano “chi ti puttaru i morti”… Ormai smaliziati e abituati a ricevere giocattoli tutto l’anno non credevano più alla loro esistenza e quei morti che noi trepidanti aspettavano con tata gioia la notte tra l’uno e il due di novembre cominciarono a farci paura …

NINO SANDULLO

Un pensiero su ““Vaitivi a cucari chi li morti sunnu iunti a la Porta Palermu” di Nino Sandullo”
  1. Interessante e puntuale il ricordo del giorno dei morti descritto da Nino Sandullo.
    Una tradizione che ormai sta per perdersi. Interessante il significato di questa antica tradizione. I regali che “i morti” portano ai bimbi è un modo gioioso di fare familiarizzare i bambini con i parenti defunti. Inoltre è un espediente per non coinvolgerli nel dolore e nella tristezza che caratterizza questa giornata commemorativa, soprattutto per le famiglie che hanno un lutto recente.
    Purtroppo la globalizzazione ed il consumismo stanno azzerando le più belle tradizione dei popoli.

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