Natale richiede trasgressione.
Nei confronti di tutto ciò che ne mortifica e svilisce il senso.
Per richiamarne il valore più autentico, che ha dato uno scossone alla storia dell’umanità, quel profeta di speranza che è stato Don Tonino Bello era solito esprimere l’augurio natalizio di Vescovo alla sua comunità attraverso un “suo” particolare modo.
La Redazione di ServireSciacca vuol farlo proprio in questo Natale 2022 e affida alle parole di Don Tonino, pronunciate a Natale del 1998, l’augurio più autentico di un Buon Natale di Speranza ai propri lettori ed amici:
Cara città,
Vorrei affidare a ben altro che a una pagina di giornale il mio augurio di Buon Natale per te.
Vorrei, se mi fosse concesso, lasciare nella mezzanotte il trasognato rapimento della liturgia, e aggirarmi per le tue strade, e bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni, e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, e dire a ognuno:
“Non scoraggiarti: è nata la speranza!”.
Vorrei recarmi sul litorale, dove il mare è più buio, e affidare al concerto della risacca frammenti di antichi ritornelli pastorali perché le onde brontolando li portino lontano: “E’ nato il redentore”
Il Signore è sceso in questo mondo disperato. E all’anagrafe umana si è fatto dichiarare con un nome incredibile: Emmanuele! Che vuol dire: Dio con noi”.
Mi chiedo, però, se questi auguri, formulati così, magari all’interno di una discoteca, o di un pub, o di una sala giochi o di un altro tempio laico dove la gente, tra panettoni e champagne e luci psichedeliche, sta trascorrendo la notte santa, siano capaci di reggere il fastidio degli atei, lo scetticismo degli scaltri, il sorriso dei furbi, la praticità di chi squalifica i sogni, il pragmatismo di chi rifiuta la poesia come mezzo di comunicazione.
Mi domando se gli auguri di Natale formulati così, magari all’interno della stazione centrale, dove tanta gente alla deriva trova riparo dal freddo notturno nella sala d’aspetto (ma senza che aspetti più nulla e nessuno) faranno rabbia o tenerezza, susciteranno disprezzo o solidarietà, provocheranno discredito o lacrime di gioia.
Mi interrogo come saranno accolti questi auguri dalla folla dei nuovi poveri che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva.
Dagli anziani reclusi in certi ospizi o abbandonati alla solitudine delle loro case vuote.
Dai tossicodipendenti prigionieri di una insana voluttà di autodistruzione. Dagli sfrattati che imprecano contro il destino.
Dagli ex carcerati che non trovano affetto.
Dai dimessi dagli ospedali psichiatrici che si aggirano come larve.
Dagli operai in cassa integrazione senza prospettive.
Dai disoccupati senza speranze.
Da tutta la gente, insomma, priva dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, l’accesso alla cultura, la partecipazione.
Mi domando che effetto faranno gli auguri di Natale, formulati così, su tanta gente appiattita dal consumismo, resa satura dello spreco, devastata dalle passioni.
Sulla moltitudine di giovani incerti del domani, travagliati da drammi interiori, incompresi nei loro problemi affettivi.
Sulle folle di terzomondiali che abitano qui da noi e ai quali ancora, con i fatti, non abbiamo saputo dimostrare di essere convinti che Gesù Cristo è venuto anche per loro.
Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale , formulati così, coloro che si sono costruiti idoli di sicurezza: il denaro, il potere, lo sperpero, il tornaconto, la violenza premeditata, l’intolleranza come sistema, il godimento come scopo assoluto della vita.
E allora? Dovrei abbassare il tiro?
Dovrei correggere la traiettoria e formulare auguri terra terra, a livello di tana e non di vetta, a misura di cortile e non di cielo?
No. Non me la sento di appiattire il linguaggio.
Sono così denutrite le speranze del mondo, che sarebbe un vero sacrilegio se, per paura di dover sperimentare la tristezza del divario tra la formulazione degli auguri e il loro reale adempimento, mi dovessi adattare al dosaggio espressivo dei piccoli scatti o dovessi sbilanciarmi sul versante degli auspici con gli indici di prudenza oggi in circolazione.
Anzi, se c’è una grazia che desidero chiedere a Gesù che nasce, per me e per tutti, è proprio quella di essere capace di annunciare, con la fermezza di chi sa che non resteranno deluse, speranze sempre eccedenti su tutte le attese del mondo.
Buon Natale!
– don Tonino Bello –
Grazie Nino, un messaggio di speranza tanto necessario in questi tempi di disorientamento collettivo
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