La ricerca storica è il rapporto diretto che uno studioso instaura con le sue fonti. E’ un’operazione delicata per diverse ragioni. Quando lo storico interagisce con le fonti, deve riuscire a non farsi coinvolgere, anche se è difficile che nella ricerca storica non affiorino i condizionamenti tecnici e culturali della propria epoca, il proprio bagaglio culturale, le competenze, i valori e il punto di vista dell’indagine che si sta conducendo.
Ignazio Navarra è una pietra miliare di questo metodo, lucido e rigoroso come è sempre stato nel tuffarsi tra le pagine polverose degli archivi alla ricerca di documenti e atti che potessero far luce su periodi e personaggi oggetti delle sue indagini.
Nel 1985 veniva dato alle stampe un suo lavoro letterario basato su documenti inediti che faceva luce su una vicenda storica che ha interessato la nostra città, devastata dal flagello dell’epidemia “Il terrore della peste a Sciacca nel 1626”. Uno scritto che si addentra in quei mesi terribili in cui la città venne travolta dal contagio, da cui provò a risollevarsi grazie all’intercessione della Madonna del Soccorso.
Nella autorevole bibliografia cui l’autore fa riferimento , leggiamo nomi del calibro del Ciaccio, Di Blasi, Farina, Mongitore, Pirro, Salinas, Scaturro e altri, ma anche manoscritti del Granone, Capriata, Savasta.
Come è noto, la peste a Sciacca “si manifestò verso la fine di Dicembre 1625 o i primi di Gennaio del 1626. Fu introdotta da un “giuppone di lana” comprato nella città di Palermo, dal clerico Pasquale Caxio alias Ragamazzo.( Cattano). “Presto, nella città di Sciacca, divenne necessario destinare i sospetti di contagio, in un provvisorio lazzaretto, approntato fuori città. “(Farina)
I documenti trovati da Ignazio Navarra, caparbio e appassionato ricercatore, sono, per lo più, atti del tesoriere della città Vincentio de Palermo che pagava medici, guardiani, quartarari e altri artigiani, come i barbieri, cuochi che prestavano il loro servizio al lazzaretto. Atti controfirmati dai giurati Battista Ficani, Don Lorenzo Tagliavia, Pietro Calandrino e Miguel Horruitiner.
Da molti atti notorili dell’epoca, apprendiamo così che gli infetti passavano la quarantena “nello fundaco delli bagni” e anche che venivano forniti di vesti di “tila misca e bianca”quando uscivano “limpij” dal lazzaretto. Nell’anno 1626 il Lazzaretto fu approntato fuori Porta Bagni, sotto l’ospedale degli incurabili, vicino la Chiesa di San Paolo.( Mineo)
Per arrestare il male contagioso non valsero nulla le preghiere. Si rese indispensabile rivolgersi alla Vergine Ss. del Soccorso. Così, il 2 Febbraio, giorno della Purificazione di Maria, nella chiesa della Matrice si riunisce il Consiglio (clero, autorità municipali, nobili, maestranze e popolo). Qui il Capitano Don Orazio Strozzi indicando , fra tutti i mezzi efficaci, quello di ricorrere all’aiuto e alla protezione della Beatissima Vergine con il prenderla, quello stesso giorno della Purificazione, a protettrice della città, fece voto solenne di celebrare ogni anno questa festa” facendo in ditto giorno una processione, digiunando la vigilia di quella, rinnovando ogni anno per eterna memoria dello stesso voto.”(Libro Rosso di Sciacca)
Da quel giorno la peste comincia a scemare. Verso la fine di Maggio, una lettera rivolta al Vicerè parla di una città che “mercè alla Divina Misericordia e al valore del Capitano Strozzi, il contagio in breve si extinguerà del tutto” In un’altra lettera del 4 Agosto si legge “per intercessione di Nostra Donna della Purificazione Santa Maria Maddalena, Santo Calogero Sciprione et Santa Rosalea sua advocata…il mal contagioso si è estinto…e tutta la città ha goduto e gode perfectissima salute”.
I morti di quella pestilenza furono 380.