Caro direttore
Oggi è l’otto marzo, una giornata qualunque in un paese qualunque. Mi arrivano messaggi d’auguri perché, dicono, oggi è anche la mia festa. Festa… sorrido e m’intristisco. Solo il fatto di chiamarla così restituisce l’esatto contrario di ciò che dovrebbe rappresentare . Le donne siamo quella strana maggioranza che si comporta come una minoranza, discriminata e domata. Siamo noi stesse che ci sottraiamo alla libertà, quella vera intendo, invischiate in tele patriarcali e misogine di una società ancora profondamente sessista.
Io rivendico ancora il mio femminismo e ancora è la mia bandiera e continuo a scontrarmi con gesti ed azioni, politiche e sociali, che ancora tendono a preservare il sacro vigore maschio. Un paese, o una cittadina come la nostra, che non ha sostenuto ed anzi ha permesso che chiudesse uno sportello antiviolenza , un paese che non ha un programma di sostegno alla genitorialita’, che non sostiene le madri e le famiglie, un paese o una cittadina che non ha, o non ha abbastanza, asili nido comunali o aziendali, un paese che discrimina ancora sul salario, che non si organizza adeguatamente sull’infanzia….
Ma che paese libero e paritario è? C’è ancora bisogno di femministe e non di otto marzo. Le donne non godiamo dello stesso statuto d’inviolabilita’ di cui godono storicamente gli uomini: noi siamo “brutalizzabili”, costrette a fare scelte e destinate a sentirci inadeguate sempre perché vogliamo figli e un bel lavoro e non abbiamo il dono dell’ubiquita’.
Caro direttore… io non voglio essere festeggiata”: io voglio essere libera.
ELINA SALOMONE
Grazie Elina per le tue parole che condivido. Oggi, domani e dopodomani, sarà sempre l’8 marzo.