In Italia da circa 100 anni, si celebra l’8 Marzo: la “Giornata Internazionale dei Diritti della Donna”, spesso impropriamente definita come Festa delle Donne. Vorrei dedicare questa ricorrenza, alla memoria di una nostra concittadina saccense: Vincenza Bellotto.
La sua microstoria semplice e umile si intreccia nella Grande Storia. Vincenza nacque a Sciacca il 27 agosto 1895. Agli inizi del Novecento, a causa della grande crisi economica che sconvolse l’Italia e soprattutto il meridione, fu costretta ad affidare la sua vita alle acque di un oceano con la speranza di un futuro migliore. Arrivò a New York l’11 giugno 1910 dove trovò subito impiego come capo-operaia in una fabbrica tessile che produceva le camicette alla moda di quel tempo, le cosiddette shirtwais.
Purtroppo, tutti i suoi sogni si infransero a soli 15 anni perché morì bruciata il 25 Marzo 1911 in uno dei più gravi incidenti industriali della storia di New York. Le cronache riportarono che fu riconosciuta grazie al tacco delle sue scarpe.
Grazie al lavoro certosino di Ester Rizzo che nel libro “Camicette Bianche” ricostruisce le storie delle vittime, sappiamo che “delle 126 operaie morte nel rogo di New york, 38 erano di nazionalità italiana e fra queste 24 erano partite dalla Sicilia”, tra cui la nostra concittadina Vincenza. La responsabile della Commissione donne, pari opportunità e politiche sociali del distretto Sicilia Fidapa e referente per la provincia di Agrigento del Gruppo Toponomastica femminile restituisce dignità ai morti riportando a galla un episodio gravissimo della nostra storia, quello della Tringle West Company a New York, in cui confluiscono diritti dei lavoratori e diritti delle donne.
Ci sono diverse teorie riguardanti la celebrazione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne. Una di queste potrebbe risalire proprio a questo evento drammatico. Tuttavia la ricorrenza si ispira alle attività dei movimenti dei lavoratori agli inizi del XX secolo in Nord America e in Europa e dai primi movimenti femminili politici di rivendicazione dei diritti delle donne tra i quali quelli del voto. La ricorrenza non nasce pertanto come comunemente viene intesa oggi nella cultura popolare, ossia come festa, ma come riflessione sullo status della donna.
Oggi il dibattito sulla questione femminile è ancora aperto. Per non perdere il vero valore inziale della ricorrenza, bisognerebbe continuare a:
• contrastare la violenza sulle donne in ogni sua forma. Ogni 12 secondi una donna viene colpita da atti di violenza di genere (fisica, verbale, sessuale, domestica, economica e psicologica) perpetrata nella maggior parte dei casi da mariti e fidanzati;
• lottare per le differenze che la società crea tra uomo e donna come il divario salariale, la disparità di carriera e la conciliazione della vita privata e lavorativa;
• impegnarsi affinché le donne povere che non ricevono un’istruzione non continuano a vivere in condizioni di inferiorità, mentre quelle ricche svolgono lavori importanti e partecipano alla vita pubblica;
• assicurarsi che l’emancipazione femminile non riguardi soltanto i paesi più ricchi ed evoluti. Il mio pensiero va sicuramente alle donne in Afghanistan e in Iran dove le donne hanno perso il diritto di studiare, lavorare e vengono uccise per manifestare il loro dissenso per l’imposizione di dure leggi religiose che le vietano di scegliere come vestirsi e di uscire da sole;
• opporsi ai matrimoni forzati, ai matrimoni riparatori, alle mutilazioni genitali, alla mortalità materna;
• battersi contro la crudeltà del body shaming per cui le donne e soprattutto le ragazzine sono costrette a vergognarsi del loro corpo e vengono ridicolizzate con insulti e nel peggiori dei casi assistiamo anche a suicidi.
Oggi, bisogna andare oltre la celebrazione del sesso femminile in quanto tale e riflettere alle lotte, alle conquiste passate e quelle future da raggiungere!