E’ di questi giorni la donazione fatta da Francesco Dimino, intagliatore e scultore, della statua lignea a grandezza naturale di San Calogero alla basilica minore di San Calogero, e collocata all’interno della grotta del Santo.
Vi raccontiamo la lunga storia di questa statua.
La sua realizzazione nacque dall’iniziativa del defunto Padre Pisa, superiore del Convento di San Calogero, il quale desiderava una statua in legno del Santo eremita in aggiunta a quella già esistente in marmo del Gaggini posta sull’altare della basilica sul monte Kronio o San Calogero che dir si voglia.
Si rivolse allora a Francesco Dimino, valente ebanista intagliatore e scultore, che conosceva bene per precedenti lavori eseguiti per la chiesa, e del quale era grande estimatore, dandogli mandato ad intraprendere l’opera. L’insistenza di Padre Pisa fu così incalzante che lo scultore, nonostante una iniziale ritrosia, acconsentì. I lavori ebbero inizio nei primi giorni dell’anno 1987.
L’opera comportava una serie di difficoltà oggettive. Innanzitutto dover operare in assenza dell’originale, ma basandosi soltanto sulla foto della statua in marmo foto e sulla propria immaginazione. Fattori questi per la cui soluzione si determinarono affanni e lungaggini.
La richiesta era quella di riprodurre in legno la statua in marmo del Gaggini e nella realizzazione accostarsi per bellezza e qualità all’originale, e di certo a Francesco Dimino non mancavano il talento e la sensibilità artistica per riuscirci. Si convinse tuttavia che l’opera dovesse considerarsi, e a ragione, non una copia ma a sua volta un’ ulteriore opera originale. Predispose allora disegni, lo studio di mani, piedi, capo e viso in bozze di creta, insomma l’iter progettuale della nuova statua L’essenza di cipresso fu quella prescelta quale legno secolare e in grado di sopportare meglio l’azione martellante della costruzione e poi la durata nel tempo.
Il blocco ligneo statuario con sezioni di cipresso accoppiati, e con le misure previste di altezza, larghezza e spessore, venne sistemato nella bottega artigianale in una posizione strategica e da lì a poco iniziarono i lavori.
La mano di Francesco Dimino si muoveva in lungo e largo sul blocco di legno, desiderosa di delineare le parti del corpo del Santo. Capo, busto, braccia e piedi furono segnati e abbozzati. Si ci fece un’idea di massima, per un controllo necessario delle proporzioni. Gli studi tecnici e i disegni per l’approccio iniziale portarono il Dimino a graduare la statua. La vista da terra del legno a un metro d’altezza, sommato ai due metri della statua, ingigantiva l’opera in corso di creazione. Il gettare l’occhio, il continuo variare dell’osservazione verso la statua, determinavano variabili opinioni sull’operato. A volte anche con inefficaci e improduttivi avanzamenti. Il dilemma sul capo del Santo era una costante, la complessità degli elementi caratteristici e i connotati dei lineamenti fisici esteriori del viso inserito in una folta barba producevano stress e pensieri contrastanti. Passavano i giorni, emergevano i lineamenti fisici della statua, il corpo dava segno di presenza, i piedi liberati dal blocco ligneo emergevano nella parte bassa della statua, e anche il cerbiatto si delineava sul fianco del Santo. Le mani ancora imprigionate nel legno, rimanevano al centro. Un primo esame del complesso statuario gli fecero comprendere che anche dal punto di vista esecutivo il capo e il viso avrebbero rappresentato una sezione fondamentale della scultura, che avrebbe richiesto l’esercizio delle sue migliori qualità artistiche.
Spesso Padre Pisa andava in bottega a far visita a Francesco per visionare la statua abbozzata e farsene un’idea. Si complimentava e lo spronava ad andare avanti.
Con il passare dei mesi l’azione scultorea del maestro Dimino era entrata nel vivo. Le parti anatomiche erano ben visibili, il capo, il viso e la barba erano stati gli elementi cui per molto tempo si era dedicato, considerata la loro complessità. Aveva deciso che le altre parti meno impegnative sarebbero state eseguite in conclusione: la statua di San Calogero era ben delineata nella sua interezza e occorreva scaricare ancora il legno superfluo per dare la definitiva sembianza alle fattezze del Santo.
L’imponderabile accadde nell’agosto del 1987, la morte di Padre Pisa senza che nulla lo facesse presagire. La conseguenza fu la sospensione dei lavori per il completamento della statua lignea di San Calogero commissionata dal buon Padre Pisa. Lo scultore lasciò il tutto nella posizione del suo ultimo colpo di ferro.
La statua è rimasta per trentacinque anni appoggiata sul bancone e per qualche decennio anche coperta in viso. Fu quindi l’avvenuta mancanza di Padre Pisa ad impedire Francesco Dimino di completare l’opera. È di questi giorni sua donazione, nella sua attuale forma di incompiuta alla Basilica minore della di San Calogero, sita sul monte omonimo di Sciacca. Con l’aiuto di alcuni amici fedeli del Santo, la statua è stata scesa a terra dal bancone e successivamente trasportata a San Calogero.
Qui è stata collocata nella grotta del Santo. sottostante la Basilica, già di per sé meta di migliaia di visitatori, accanto al pannello in bronzo dei ceramisti Perconte che contiene gli elementi fondamentali iconografici della vita del Santo eremita e taumaturgo, che per primo utilizzò ad uso terapeutico i vapori termali delle grotte del monte Kronio.