di Daniele Manca (Corriere della Sera)
Ci sono alcuni dati che non fanno ben sperare per le giovani generazioni e quindi per il nostro Paese. Dati che possono trovare una comune spiegazione nella poca attenzione che prestiamo al futuro potenziale dell’Italia.
Essere un Paese dove lavora una donna su due significa privarsi del contributo che la metà dei cittadini, anzi delle cittadine, può dare non solo alla crescita ma in generale al miglioramento dell’Italia. Anche il dato che 44 mila donne hanno lasciato il lavoro lo scorso anno deve far pensare. Soprattutto se il 63% di loro lo ha fatto per l’impossibilità di conciliare gli impegni di lavoro e famiglia.
Il rendimento medio in matematica, secondo l’indagine internazionale Ocse-Pisa, degli studenti italiani è sceso ai livelli del 2003 e del 2006. E anche qui, il divario tra ragazzi e ragazze è il più ampio al mondo. Al Sud poco più di un ragazzo su due strappa la sufficienza, sempre in matematica.
Donne, giovani, Meridione. La Svimez rileva come nel 2023 il Sud crescerà la metà del Centro Nord, più 0,4% rispetto a un più 0,7%. Ma come può contribuire alla crescita del Paese un Meridione che vede un progressivo svuotarsi della popolazione? Dal 2002 al 2021 circa 2,5 milioni di persone hanno lasciato il Sud, di questi l’81% si è stabilito al Nord.
Il numero che deve far riflettere di più è però quello relativo agli under 35 che hanno lasciato il Sud: sono stati 808 mila, sempre nello stesso periodo. E di questi 263 mila erano laureati.
Se poi torniamo a osservare l’impiego femminile, il tasso di occupazione relativo medio in Europa è pari al 72,5%. Nelle regioni del Meridione la percentuale è più che dimezzata: in Campania e Sicilia è pari al 31% e sale al 32% in Puglia. La Germania è al 78,6%.
Se questi sono i numeri, a voler essere ottimisti il potenziale da sfruttare è enorme. Purché ai decisori politici interessi impostare programmi di lungo periodo. Ma, a giudicare dal dibattito degli ultimi mesi, l’interesse non è elevatissimo.