Si è appena concluso a Bracciano il Consiglio generale dell’Agesci con il titolo “Capi e ragazzi per un mondo migliore”, che dà il via al cinquantesimo di fondazione dell’associazione.
Fu nel consiglio generale del 4 maggio che i consigli generali delle due organizzazioni, l’Agi e l’Asci, votarono la fusione delle due associazioni. Il patrimonio delle due realtà associative, femminile e maschile, si integrò e in questi 50 anni l’AGESCI è stata al servizio della crescita delle giovani generazioni del nostro Paese.
Nel corso del consiglio generale abbiamo intervistato il Capo Scout e la Capo Guida d’Italia, Fabrizio Marano e Daniela Ferrara (quest’ultima al suo ultimo consiglio generale da Capo Guida per fine mandato).
Per i due Capi Scout d’Italia sono “profezia e futuro” le due parole che riassumono al meglio questi 50 anni di strada percorsi dall’Agesci:
“Profezia perché al momento dell’unificazione di Asci e Agi si decise di far crescere insieme ragazzi e ragazze, nel rispetto della propria identità e nell’arricchimento reciproco. “All’epoca nello scautismo internazionale c’erano pochissime esperienze di questo tipo», dice Fabrizio Marano. «Si adottò il principio della co-educazione, una parola magica, perché indica i concetti di relazione e indica il valore di essere “con”. Una scelta che riguardò anche i ‘ruoli di governo’, con l’introduzione della diarchia, che prevede la presenza di una figura maschile e una femminile a capo delle varie unità. “Superare i ruoli precostituiti fu una scelta molto forte a livello educativo, per quel tempo” aggiunge Daniela Ferrara. A distanza di 50 anni la decisione di ‘co-educare’ si è rivelata profetica e attuale, perché, affermano Ferrara e Marano, “crediamo che a livello educativo oggi ci sia tanta necessità di lavorare sull’identità di ciascuno di noi. L’associazione oggi ha questo compito, far sì che ognuno scopra, nella ricerca della propria identità, la sua vocazione di uomo e la sua vocazione di donna. E questo è un percorso educativo importante e attuale” e lo è ancor di più, rimarcano, “se pensiamo che al di fuori dell’Agesci non esiste nessuna associazione e nessun livello istituzionale gestito in diarchia. È questa una grande testimonianza che diamo ai ragazzi, insieme si può gestire e si possono costruire delle belle cose”.
La sfida della co-educazione
La forma della co-educazione nella sua specificità resta una sfida, precisa Daniela Ferrara. «È importante che ai ragazzi e alle ragazze sia proposto il senso vocazionale di essere uomini e donne, che è dare rilevanza all’identità di ciascuno. È una sfida per gli educatori e per gli stessi ragazzi che supera l’aspetto legato ai ruoli. Cinquant’anni fa il senso era il superare dei ruoli stereotipati, oggi è la costruzione di un’identità per i nostri ragazzi che vivono questa esperienza insieme».
Tra passato e futuro
Dopo 50 anni, si aprono strade nuove da percorrere ma sempre con “i ragazzi e ragazze al centro, lasciandoci interrogare da loro quali protagonisti all’interno dell’associazione e non semplici interlocutori”.
Puntare sulla “dimensione comunitaria della nostra associazione” è per i due capi scout, “fondamentale soprattutto nella società di oggi che è fatta di relazioni deboli, fragili. Nell’associazione – spiegano – un punto di forza sono proprio le relazioni, la dimensione comunitaria. Protagonisti della loro crescita sono i ragazzi che nel gruppo si confrontano fra loro e con gli educatori. A tenere insieme tutto non è la struttura organizzativa, ma il modo di essere e vivere in relazione”. Finalizzata a valori forti di stampo evangelico come “servizio al prossimo, cura del bene comune, legalità, partecipazione, buona politica, pace”.
Marano inoltre sottolinea che «essere comunità in alcune aree è già una testimonianza, educa ed è una spinta a essere aperti al territorio e alla chiesa locale. La nostra è una proposta per persone libere e la dinamica comunitaria garantisce anche il processo di costruzione del pensiero».
Dopo cinquant’anni l’Agesci scommette ancora sull’educazione e all’educare alla vita cristiana che, precisa Daniela Ferrara, «non è fare catechesi con il metodo scout, ma educare alla vita cristiana, un immergersi nel creato che va oltre il vivere la natura con una maggiore attenzione alla sua tutela che c’è solo innescando reti e partecipando alla costruzione di una comunità nel territorio». Legato a questo anche l’essere «artigiani di pace, un tema su cui si è sempre lavorato ma che oggi è più che mai un impegno sia educativo sia di presenza».
In questo anno del cinquantenario i vertici dell’Agesci sono stati ricevuti sia dal Papa sia dal Presidente della Repubblica e “vi abbiamo colto un grande incoraggiamento a proseguire nel nostro servizio», dicono Ferrara e Marano che, sull’incontro con il Papa sottolineano di aver ribadito non solo il loro voler dare una mano ma anche «l’esserci nella Chiesa curandone la missione».
Marano sottolinea il valore delle parole di incoraggiamento ricevute da papa Francesco «per il nostro modo di accogliere i ragazzi, un “tutti dentro” che si esprime nei territori, soprattutto in quelli che subiscono lo spopolamento o gli arrivi di nuove migrazioni. La nostra vuol essere un’inclusività a 360 gradi per raggiungere i ragazzi e accoglierli in modo incondizionato diventando “presidi educativi”.
“Amico degli anziani”, al di là della buona azione
Un anno fa un giovane lupetto lupetto che aveva dato il via all’idea è stato insignito del titolo di “Alfiere della Repubblica” e ora, come spiega Marano, “faremo sì che questo sapere fare orientato all’altro vada al di là dell’idea della “buona azione”. È una specialità che ci hanno indicato gli stessi ragazzi e in questo contesto è dare una strada a un’azione già avviata. Diventa esemplare di quello che è possibile fare in termini educativi e di formazione di una cittadinanza a prescindere dall’età».
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