Mi sono immersa a capofitto nel romanzo d’esordio di Massimo D’Antoni con la curiosità e la famelica passione che accompagna le mie letture. Ma anche con ammirazione per il percorso che ha condotto Massimo, attraverso una lunga carriera di giornalista e comunicatore, all’ambizioso passaggio alla Scrittura.

Le storie nascono per dare risposte convincenti ai grandi quesiti e misteri della vita. D’Antoni ha nutrito e continua a nutrire il suo quotidiano di storie, tutte quelle che emergono da fatti di cronaca con cui entra in contatto, nel suo lavoro giornaliero di cronista, di quel cronista di cui tutti conosciamo la sensibile umanità.

Il romanzo “La pescatrice araba” si sviluppa intorno a una storia e a una figura di donna, la protagonista Ines Khalil, una ragazza tunisina, una giovane sposa e madre di cui lo scrittore sottolinea, oltre che la naturale avvenenza fisica, soprattutto la determinazione, il coraggio, che ne fanno un esempio di quella attualissima voglia di riscatto che accomuna le donne di tutte le nazionalità, impegnate a superare le barriere che impediscono il loro pieno inserimento nella società. I personaggi “secondari” che si affacciano dalle pagine del romanzo sono autentici e piacciono in quanto facilmente riconoscibili. Alcuni di loro D’Antoni ha conosciuto dalle cronache quotidiane. Ma lo scrittore è stato abile a saperli incastrare e di saperci giocare, mirando a ottenere una storia agile, ben strutturata e con tutti i nodi al loro posto.

Il romanzo si nutre di conflitti: quello tra Ines e il padre, che le impedisce di istruirsi; quello con il fratello, di cui non condivide le scelte di vita; quello con l’ambiente che la circonda; quello di odio-amore con il figlio del Capitano. Un’azione che si sviluppa con un intreccio vivace ,con dei passaggi, i driver di trama, che sono delle situazioni che devono accadere affinché la storia prosegua: sono azioni della protagonista, decisioni, azioni esterne , personaggi nuovi, e con un incidente scatenante: la morte in mare di Nino Pompeo, marito di Ines. Da qui il romanzo vira verso il giallo e la vicenda si impregna di tensione e drammaticità. Nel finale, il dramma personale, irrisolto di Ines, quella ferita, ancora aperta e sanguinante, che le impedisce di vivere una vita piena e felice, finalmente si scioglierà.

Ogni storia porta con sé un messaggio. Non crediamo a chi ci dice che è il lettore l’unico a dover rintracciare un significato nel romanzo. Massimo, attraverso la sua scrittura, cerca di dare visibilità ai valori in cui crede, di mostrare la realtà attraverso il suo sguardo, con l’ausilio dei personaggi che ha creato per questo romanzo, soprattutto credendo fermamente con la “sua” tunisina, nella forza delle donne, nella loro indiscussa capacità di svolgere professioni impensabili, come quelli della pescatrice di una città marinara siciliana. Che siano di ieri o di oggi non è rilevante.

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