di Calogero Segreto

Ospitiamo con grande piacere sul nostro giornale questo articolo scritto da Calogero Segreto, che anticipa i risultati di un suo lavoro di ricerca storica sul contributo fornito da uomini e donne della provincia di Agrigento alla Lotta di Liberazione:

La Lotta di Liberazione dal nazifascismo nell’opinione diffusa siciliana è stata sempre considerata come una fase storica che non ha interessato direttamente le nostre popolazioni.

Probabilmente questa concezione parte dal presupposto che alla firma dell’ Armistizio dell’8 settembre 1943 l’isola era già stata liberata dalle forze alleate anglo-americane. Tuttavia questo non evitò che già dal luglio 1943 si registrassero nell’agrigentino, nell’area etnea e nel messinese diverse stragi compiute nei confronti di civili che provarono a ribellarsi a infami angherie e alle depredazioni delle truppe nazifasciste in ritirata ( Canicattì 12 luglio 1943, 6 fucilati prima strage nazista) anticipando così, pur con caratteristiche diverse, le più note stragi compiute nel Nord Italia dalle truppe della Wehrmacht ed dalle SS tedesche. Ma il più grosso contributo lo diedero le migliaia di siciliani che hanno partecipato alle vicende della Resistenza impegnati in tantissime aree territoriali nazionali e in molte altre zone fuori confine come: Grecia, Albania, Jugoslavia e Francia, con ruoli diversi: da quelli di primo rilievo nel comando e nella guida del movimento ai più oscuri e semplici militanti, combattenti e non.

Senza dubbio una scelta che ha avuto come conseguenze costi elevati, sacrifici e per molti anche il costo della vita. Ogni siciliano che decise di partecipare alla Lotta di Liberazione dal nazifascismo ha avuto uno specifico percorso e una storia propria, effettuata nel contesto del dramma della guerra, un duro lavoro ideale e personale che ha determinato la “ scelta di campo” dalla parte giusta, quella che ha dato vita alla Costituzione e alla Repubblica.

Altri invece, e non pochi, scelsero la parte opposta.

Anche la nostra provincia pagò un elevatissimo contributo di sangue durante la Guerra di Liberazione che dal 1943 al 1945 infiammò l’Italia centro-settentrionale e che si concluse con la liberazione dell’intero territorio italiano dall’occupazione delle truppe tedesche e con la definitiva rimozione del regime fascista che, per un ventennio, aveva governato il nostro Paese.

Malgrado il territorio agrigentino in particolare, ma anche la rimanente parte della Sicilia, non fossero stati direttamente interessati dai combattimenti, numerosi furono gli agrigentini che si trovarono coinvolti, per scelta o perché costretti dalle circostanze, da una parte o dall’altra, e molti di essi persero la vita spesso in età ancora giovanissima.

Ben 60 furono le vittime della provincia di Agrigento tra: fucilati, impiccati, caduti in combattimento o dispersi.

Questo numero è tratto dalla mia ricerca che ha individuato ben 795 agrigentini partecipanti a vario titolo alla Lotta di Liberazione, certamente un dato non esaustivo del contributo effettivo e reale.

Tra questi un ruolo non marginale ebbero le 11 donne che svolsero la propria attività in prima linea.

Anche noi abbiamo avuto il nostro “Giorgio Perlasca”, Calogero Marrone di Favara che da dirigente dell’Ufficio Anagrafe di Varese, falsificandone i documenti, salvò centinaia di ebrei e perseguitati e che pagò il suo gesto morendo a Dachau dove fu deportato. Lo stato di Israele lo ha riconosciuto “Giusto tra le nazioni”.

Inoltre, a sottolineare ulteriormente il tributo di sangue pagato, vanno ricordati anche i tre conterranei fucilati alle Fosse Ardeatine : Leonardo Butticé di Siculiana, Salvatore La Rosa di Aragona e Michele Partito di Casteltermini.

Va anche sottolineato che quattro agrigentini parteciparono alle Quattro Giornate di Napoli ( 27-30 settembre 1943), la prima città che si liberò da sola dai tedeschi.

In questo quadro provinciale quale fu il contributo dato dalla nostra città ?

Ben 36 furono i saccensi che parteciparono alla Resistenza in diverse aree geografiche. La maggior parte erano dislocati in Piemonte-Liguria, ma vi furono partigiani saccensi a Roma, Emilia Romagna, Lombardia, Triveneto, Jugoslavia, Grecia e Francia, con ruoli di rilievo come comandante di brigata o semplici partigiani combattenti.

Anche Sciacca ha avuto i propri martiri, purtroppo dimenticati: Giuseppe Prestia fucilato a Saint Martin de Bromes; Antonino Venezia caduto contro tedeschi a Cefalonia; Pellegrino Prestia fucilato a Cefalonia dai tedeschi.

Giuseppe Prestia
Antonino Venezia
Pellegrino Prestia

Credo sia giunto il tempo di far uscire dall’oblio questa pagina della nostra storia. Oblio che è scaturito dal processo di disillusione, dal disagio ed estraneità che la cornice politico sociale offrì al rientro a questi nostri concittadini combattenti per la libertà, tanto che alcuni di loro decisero di ritornare a vivere nei luoghi dove avevano svolto la loro attività partigiana.

La mia ricerca storica, ancora in itinere, ha lo scopo di riportare nei giusti parametri il grande contributo quantitativo e qualitativo dei partigiani della provincia di Agrigento e più specificatamente di quelli saccensi, ma allo stesso tempo mettere in evidenza, dando il giusto merito, quanti nel corso di quegli anni difficili fecero la scelta di campo giusta, ai tanti agrigentini e saccensi che, tra il bene e il male, scelsero il bene della libertà.

CALOGERO SEGRETO