di Nino Sandullo

Si narra che la chiesa della Martorana, eretta nel 1143 da Giorgio d’Antiochia, ammiraglio del re normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino, detto della Martorana perché fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, avesse al suo interno il giardino più bello di tutta Palermo.

Un fine del mese di ottobre le suore che lì abitavano furono avvisate dell’imminente visita del Re Carlo V che aveva espresso il desiderio di conoscere il tanto decantato giardino del convento, famoso per i suoi succosi frutti e le sue rose.

Le monache vennero colte dalla disperazione poiché in quel periodo gli alberi erano spogli, con i rami privi di frutti maturi.

Una ingegnosa suora, capo cuoca della cucina, li allora tolse dalle ambasce suggerendo di preparare, con un impasto di farina di mandorle, zucchero e miele, dei piccoli frutti, del tutto simili agli originali in natura, che adeguatamente manipolati, asciugati e colorati, potessero essere appesi ai rami degli alberi.

L’idea piacque tanto alla madre superiora che diede ordine a tutte le monache, guidate dalla capo cuoca, di cominciare a impastare, modellare e colorare gli agrumi.

Nei giorni prossimi alla visita del Re, il giardino, come per incanto, diventó un caleidoscopio di colori.

Il giorno stabilito, le suore orgogliose e al contempo impaurite, accolsero il corteo regale. Non appena raggiunto il chiostro, il Re rimase stupito dall’abbondanza di frutti maturi appesi agli alberi.

Dopo una pausa di riflessione che alle monache parve durare un’eternità, il Re esclamò: «Devo farvi i miei complimenti, madre. Il vostro giardino è l’unico in tutta la città ad avere alberi così carichi di frutti maturi. Viene quasi voglia di assaggiarli».

Staccò una grossa arancia per sbucciarla e solo allora si rese conto che non era un frutto. Sopraffatto dal dolce inganno scoppiò in una grande risata. «Questi frutti di mandorla e miele sono stati realizzati in vostro onore, maestà», ammise compiaciuta la superiora.

“Sono dolci degni di un Re, sono proprio regali, potremmo chiamarli PASTA REALE!», aggiunse il Gran Cancelliere che non vedeva l’ora di assaggiarne uno. Il re soddisfatto promise di ritornare in primavera, per ammirare le rose fiorite ma non andò via dal monastero prima di aver ricevuto una enorme “guantiera” piena di questi golosissimi frutti.

NINO SANDULLO