I biscotti (viscotta) squarati erano, insieme ai buccellati, una tradizione del Natale nei quartieri popolari della mia città. I forni di quartiere, o ancora meglio, il forno a legna di una vicina di casa erano protagonisti, nelle settimane antecedenti al grande evento, di intrecci umanissimi fatti di complicità , soprattutto fra le donne, detentrici assolute del potere in cucina. Preparare i biscotti di Natale era una grande occasione di incontro, di condivisione, di festa collettiva. Per i bambini, poi, con le loro scorrerie tra le gonne di nonne e mamme, un gioco fantasioso e divertente. Dopo avere fatto per giorni e giorni i buccellati con i fichi per tutto il vicinato, arrivava la notte dei biscotti con il pepe. Già, la notte. Questi antichi biscotti la cui ricetta si perde nei meandri del tempo, erano molto complicati e richiedevano ore e ore di preparazione meticolosa.

Le ragazze si posizionavano tutte intorno a una grande spianatoia di legno e cominciavano a impastare la semola con acqua e sale. Muovevano l’impasto come se danzassero. Senza sforzo, ma con un ritmo e una cadenza armoniosa che sembrava accarezzare, più che lavorare quella massa da cui sarebbero venuti fuori, con l’aggiunta di mastica e chiarovia e pepe nero macinato fresco, quei favolosi biscotti.

Quindi si passava a dare forma di piccole cuddure ai budelli di pasta lavorati con mani sapienti, tanto da sembrare ricamati e allineati nelle teglie. Adesso cominciava la lunga attesa. I preziosi biscotti dovevano lievitare per 8 ore. Dal pomeriggio in cui la preparazione era iniziata erano già trascorso molto tempo e si era fatto buio. Le donne, di solito a quell’ora, rientravano in casa per accudire la famiglia, ma quella sera, la sera dei biscotti di pepe, era una notte speciale. Salutati mariti e figli, tutte si mettevano a sedere davanti al forno ad aspettare che la lievitazione avvenisse con regolarità. Era una specie di vacanza, per loro.

I teli bianchi che ricoprivano le teglie, ogni tanto venivano guardingamente sollevati e subito rimessi giù. Tutto a posto! Si alzava allora un allegro chiacchericcio che passava in rassegna persone e cose del quartiere: dai corredi da sposa, alle liti con le suocere, ai pettegolezzi di ogni genere, ai racconti delle più anziane. La notte , illuminata e riscaldata dalle fiamme del forno e dalla gioia di vita delle protagoniste, passava, alla fine, abbastanza presto. I biscotti ormai passavano alla fase di squaratura. Venivano, cioè, immersi in un pentolone pieno di acqua bollente. Appena venivano a galla, presi con la schiumarola, e messi di nuovo in teglia. Si spennellavano di bianco d’uovo e si rimettevano in forno.

A questo punto era già mattino. Con il risvegliarsi della giornata, i biscotti venivano tirati definitivamente fuori dal forno e messi nei canestri che ogni donna portava a casa sua trionfalmente. Li mostrava alla famiglia con un’aria soddisfatta come per dire” sono stata una notte fuori, ma ne valeva le pena!”

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