
“Questa chiusura delle scuole a Sciacca per tre giorni non più ha alcun senso”.
Così ci ha detto, senza mezzi termini, la dirigente di uno degli istituti scolastici della nostra città.
E come darle torto?
I tre giorni in questione, ossia lunedì-martedì-mercoledì post ultima domenica carnescialesca costituiscono oggi semplicemente un retaggio di quando il Carnevale di Sciacca si svolgeva invece nei tre giorni (domenica-lunedì-martedì) immediatamente antecedenti il mercoledì di Quaresima.
Considerato il carattere fortemente popolare della festa, che mobilitava e continua a mobilitare migliaia di persone, questo “espediente” di disporre tre giorni di disinfestazione e quindi di chiusura nelle scuole era prima quanto meno comprensibile in termini di motivazioni e di opportunità.
Da due anni invece il Carnevale si conclude la domenica e quindi quelle che in precedenza potevano essere considerate comprensibili motivazioni per una vacanza scolastica di tre giorni, adesso non lo sono più.
Ci chiediamo quale ragionamento di carattere educativo, didattico o sociologico possa sostenere oggi la decisione del sindaco Fabio Termine e della giunta di disporre questa chiusura di tutte le scuole per disinfestazione nei tre giorni successivi al secondo week-end del Carnevale di Sciacca.
Qualcuno forse obietterà che potrebbero essere in tanti i bambini/ragazzi che il lunedì non andrebbero a scuola, a causa dell’orario notturno di conclusione della festa di Carnevale.
Ma, a parte il fatto che la stessa obiezione andrebbe fatta per il lunedì del primo week-end, si potrebbe rispondere a questa obiezione che quanti non riescono a svegliarsi il lunedì mattino in orario utile perderebbero un solo giorno di scuola, ma non tre.
Probabilmente la verità è che nessuno vuole prendersi la responsabilità, ritenuta impopolare, di annullare il “rituale” dei tre giorni di vacanza che sono graditi a tanti o addirittura ai più.
Questa è allora il modo di pensare e di decidere in salsa saccense: anche ciò che non ha più alcuna ragion d’essere deve essere mantenuto, se si ritiene che sia gradito ai più. Giusto o sbagliato che sia.