
Una sala Blasco stracolma di gente è stata ieri sera la degna cornice della presentazione di un libro che ha il merito di riportare agli onori dell’attualità la figura di un uomo e di un chirurgo il cui ricordo è sempre vivissimo nella memoria della nostra comunità cittadina, perché con la sua vita e il suo talento professionale, spesi a favore dell’ospedale, ha saputo “Servire Sciacca”, la sua e la nostra città, in modo esemplare.
Lui è Giuseppe Ferrara, per tutti Peppino, il libro è intitolato “Il tempo opportuno”, lo ha scritto il figlio Paolo, professore di Università al Politecnico di Milano, facendone un “romanzo della memoria” ispirato dalla vita del padre.
Una vita nella quale per ventisette anni Peppino Ferrara è stato primario della chirurgia dell’Ospedale di Sciacca, quello di Via Figuli, in tempi in cui non c’erano le diverse specializzazioni e qualunque intervento chirurgico lo faceva solo il primario di chirurgia, un vero e proprio dominus per la vita o la morte di chi arrivava ammalato in ospedale. Ma a Sciacca c’era Peppino Ferrara, che aveva dimostrato con i fatti e di cui erano apprezzatissime le eccellenti qualità di chirurgo competente e preparato, che avevano contribuito a costruirne la fama di uomo sicuro, affidabile, disponibile.
La Sicilia era la sua terra, Sciacca la sua città. Nel 1967, dopo anni di gavetta, fatta anche al Nord, era stato felice di tornaci da giovane primario, e non certo perché approdava in un grande ospedale, visto che la Divisione di Chirurgia Generale era sull’orlo della dismissione. E a lui spettava l’onere di rilanciarla.
Coadiuvato da due grandi colleghi, l’anestesista Alessi e l’aiuto Montalbano, ci era riuscito in poco tempo e in un crescendo di notorietà in tutta la provincia di Agrigento.
Ad un certo punto, però, qualcuno o qualcosa aveva deciso di tarpare la sua vita professionale.
Già sul finire degli anni Settanta, il suo posto era diventato appetibile per certi “poteri forti”, pronti a metterlo sul mercato della gestione politica della Sanità a metà del decennio successivo. Da quel momento, non era stato facile per lui contrastarne i colpi bassi, soprattutto il peggiore, quello dell’infamità e della maldicenza che, diffusa ad arte, aveva rischiato di abbatterlo: “a Ferrara tremano le mani“.
Ingenuamente, si era illuso di lottare contro quel “potere” e di sconfiggerlo con il proprio prestigio etico, professionale, morale.
Ma alla fine, quel giorno del 21 settembre 1994, dopo dieci anni di autentica resilienza, aveva deciso che sarebbe uscito per sempre da quell’ospedale. Dimettendosi.
A testa alta, certo.
Prima, però, sarebbe stato necessario rileggere nei fatti la propria storia di uomo e di chirurgo, cercandovi anche gli eventuali limiti, e senza nessun vittimismo. Era questo l’unico modo per potere così vivere per sé un nuovo “tempo opportuno”
La presentazione di ieri sera in sala Blasco, introdotta dall’Assessore Agnese Sinagra, è stata mirabilmente condotta dall’Avv. Giovanni Vaccaro, che con il suo inconfondibile stile ha così suddiviso la narrazione dei contenuti del romanzo: il ruolo della famiglia nella vita di Peppino Ferrara, i colleghi e gli amici più cari, la fede e il rapporto privilegiato con Suor Giulietta, il ruolo importantissimo svolto dall’ospedale di Sciacca e dal chirurgo Ferrara nei giorni immediatamente successivi al terremoto del Belice, il suo difficile rapporto con la politica e la maldicenza del tutto inventata contro la quale dovette combattere una battaglia coraggiosa ma impari.
Per ognuna di queste componenti della vita personale e professionale di Peppino Ferrara il giornalista Raimondo Moncada ha letto alcune pagine del libro con la sua ben nota arte oratoria e l’autore Paolo Ferrara ha arricchito la presentazione con i propri ricordi personali.
Il critico d’arte Tanino Bonifacio ha a sua volta arricchito l’evento con la profondità delle sua conoscenza sia di carattere letterario che sociale per quanto riguarda la vicenda del sisma del ‘68.

Erano presenti in sala Blasco tantissime persone che hanno conosciuto molto bene Peppino Ferrara e che lo hanno profondamente apprezzato, ricordandone momenti e incontri significativi come ha fatto ad esempio l’Avv. Filippo Marciante.
Tanti altri, che non ci sono più, sono stati invece ricordati negli interventi dei relatori e vengono sopratutto ricordati anche nelle pagine del libro.
A fine serata un lungo applauso ha espresso nel modo più bello il “grazie” a Paolo Ferrara per aver restituito alla nostra città la memoria anche letteraria di un uomo che con onore ha saputo servire Sciacca.