Ci sono luoghi che ti fanno toccare con mano come troppo spesso si innalzi un vero e proprio muro tra amministratori e servizi comunali da una parte e mezzi di stampa dall’altra, che rimangono totalmente inascoltati nella loro funzione civica di segnalare quelle cose che non vanno, con l’obiettivo che ad esse si possa porre un rimedio.
Un obiettivo, a Sciacca, troppo spesso tradito e disilluso, anche quando la sistemazione di una cosa che non va sarebbe semplice.
Il più delle volte la motivazione che viene addotta è che il Comune non ha in cassa soldi da spendere, e questa è oggi sicuramente un’amara realtà.
Ma ci sono luoghi e situazioni in cui porre riparo a quel che non va costerebbe davvero poco o nulla.
Questi luoghi e situazioni diventano allora misuratori della capacità amministrativa di una classe politica così come della funzionalità dei servizi comunali, un efficace termometro di efficienza e di capacità di ascolto in funzione di quel bene comune che è la nostra città.
Qui a Sciacca c’è solo l’imbarazzo della scelta di tali luoghi e situazioni.
Tra essi ce n’è uno che mi appare assai significativo: ne hanno infatti trattato tutti i nostri mezzi di stampa (TV e giornali on line), compreso il nostro Blog.
Si tratta del belvedere (erroneamente denominato come fondo Bernardo) posizionato sulla destra della Via Agatocle, scendendo verso il piazzale dello stabilimento termale (chiuso…), proprio di fronte al teatro Samona’ (chiuso…).
E’ uno dei punti panoramici più belli della città, i fotografi ci portano anche gli sposi per le foto di rito post celebrazione matrimonio.
Qualche anno addietro il concittadino Angelo Toto si era sperimentato nell’abbellirlo con alcuni elementi scultorei di arte urbana, denominandolo “Spazio dell’identità” e cogliendone in tal modo l’essenza di “luogo dove ognuno di noi si possa ritagliare uno spazio del suo tempo per riflettere su di tutto ma sopratutto su sé stessi”.
Ebbene,nonostante i ripetuti interventi giornalistici di denuncia, questo “Spazio dell’identità” rimane immutabile nel suo perdurante e irritante degrado, ottenendosi così l’effetto perverso di dare un senso diverso al nome scelto da Angelo Toto: questo “Spazio dell’identità”, invece di riferirsi alla dimensione personale, diventa infatti espressione della reale identità della nostra città, abbandonata a sé stessa, incapace di qualsivoglia reazione di orgoglio, privata della necessaria manutenzione, ordinaria e straordinaria.
E così, in questo bellissimo Belvedere, le panchine che dovrebbero consentire di spaziare lo sguardo sul magnifico panorama vengono oscurate alla vista da alberi mai potati e vengono addirittura sommerse da rami, foglie e arbusti, le erbacce vi crescono indiscriminatamente senza essere “minacciate” da alcuna regolare scerbatura, le bottiglie di birra vuote rimangono indisturbate sul terreno, la staccionata in legno non viene mai riparata, le panchine portano i segni indelebili di decenni di incuria, il cartello turistico che il buon Angelo Toto vi aveva fatto apporre i giace malinconicamente ripiegato su se stesso, come mortalmente ferito.
Tutto sembra avvolto in un interminabile incantesimo di incuria, come se la sistemazione del luogo fosse affidata a un improbabile intervento della divina provvidenza.
Recentemente, anche Cittadinanzattiva aveva segnalato all’amministrazione e ai dirigenti comunali questo luogo nell’ambito della sua “iniziativa a tutela del verde pubblico urbano”, e ad agosto una turista straniera aveva provocatoriamente provveduto personalmente alla sua pulizia.
Sicuramente non ci vorrebbero significative somme di denaro per tenerlo pulito e sistemato, e perché no magari anche illuminato, questo bellissimo Belvedere sul porto e sul mare di Sciacca, che meriterebbe anche una denominazione ufficiale (e perché no “Belvedere Vincenzo Licata”?)
Buonsenso, insomma, vorrebbe che venissero accolte dai servizi comunali tutte le segnalazioni e le sollecitazioni pervenute.
Invece no.
E qui magari scatta l’alibi della mancanza di personale, in un Comune che ha manodopera ridotta quasi a zero e una squadra adibita alla manutenzione del verde pubblico di sole tre unità ad orario ridotto.
Non me ne vogliano i nostri amministratori e dirigenti comunali di oggi, considerato che anche prima di loro il Belvedere versava in queste condizioni: mancheranno i soldi, mancherà il personale, ma è ben ALTRO ciò che manca per far diventare questo magnifico spazio panoramico di verde pubblico un luogo non solo bello ma anche sottratto all’incuria.
Ed è da questo ALTRO che occorre ripartire per arrestare il declino della nostra città.