di Nino Sandullo
Tante leggende ruotano attorno a questi prelibati dolci, che in occasione della festa dei morti fanno bella mostra di sé in tutti i bar della Sicila.
Due mi hanno particolarmente intrigato.
La prima li fa derivare dagli arabi, che come sappiamo hanno dominato per lungo tempo la Sicilia. Si narra di un importante personaggio musulmano che, trovandosi in condizioni di ristrettezza economica e non volendo offrire una cena frugale ai propri ospiti, abbia chiesto ai suoi cuochi di preparare qualcosa di sfizioso capace di soddisfare i commensali. Con ingegno vennero allora preparati e serviti piatti semplici accompagnati da dolci di zucchero modellati in forma umana che furono molto apprezzati.
L’altra leggenda, più moderna, risale al periodo della Serenissima. Dovendo ospitare a Venezia Enrico III, re di Francia, per mostrare la loro ricchezza i veneziani fecero arrivare dalla Sicilia, rinomata per la fiorente produzione di zucchero, tutto il necessario per la cena. Dalle posate e tovaglioli ai dolci che, in onore del Re di Francia, i bravi artigiani palermitani modellarono sull’immagine di cavalieri, a cavallo o senza, in ricordo del paladino Orlando, assai caro ai siciliani.
Il Re rimase stupito per la magnificenza della cena e sgomento per aver compreso che tutto era di zucchero solo quando il tovagliolo, cadendo per terra, si frantumò.
I marinai, che avevano trasportato i manufatti di zucchero, ritornati a Palermo, raccontarono il grande entusiasmo suscitato nel Re e negli ospiti, dai pupi zuccherati. I cuochi cominciarono da allora a modellare i pupi di zucchero che a Palermo sono chiamati “Pupi a cena” o Pupaccena”.