Raimondo Moncada è un collega giornalista, addetto stampa del Comune di Sciacca, che da tempo ha reso pubblici su facebook i suoi stati d’anima e i suoi pensieri relativamente alla malattia contro cui sta lottando con indomito coraggio. Pubblichiamo di seguito suoi due recentissimi post consequenziali, che ci sembrano illuminanti sullo stato della sanità pubblica nel nostro territorio, ringraziando Raimondo di questa testimonianza pubblica assai significativa:
“𝐍𝐨𝐧 𝐚𝐝𝐞𝐫𝐢𝐫𝐨̀ 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐢𝐧 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐜𝐫𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐨𝐬𝐬𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐢𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐚𝐧𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐢𝐧𝐜𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐀𝐠𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐨. 𝐄 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚, 𝐦𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐯𝐮𝐨𝐭𝐨 𝐞 𝐥’𝐢𝐩𝐨𝐜𝐫𝐢𝐬𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐜’𝐞̀ 𝐨𝐥𝐭𝐫𝐞. 𝐌𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐞𝐫𝐯𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐢𝐧 𝐩𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚 𝐢𝐧 𝐨𝐜𝐜𝐚𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐬𝐬𝐢𝐦𝐚 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐚 𝐝𝐢 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢 𝐭𝐮𝐦𝐨𝐫𝐢, 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐫𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐢𝐚 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐚𝐦𝐚𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚.
A casa mia, nella mia terra, mi sento abbandonato, senza un punto di riferimento, sicuro, pronto, immediato.
I vertici sanitari non possono farmi la testa tanta sull’importanza dei controlli, sull’importanza della loro tempestività, aggiungendo pure che salvano la vita. È vero, salvano la vita ma in un sistema sempre efficiente, in ogni fase: dalla prevenzione, alla diagnosi, alla cura, all’assistenza continua post terapie e interventi.
A causa di un evento interno al mio provato corpo che mi ha fatto molto spaventare perché ha interessato l’area operata a giugno 2022 (tralascio i dettagli), ho cercato a ottobre di prenotare in tempi ragionevoli una colonscopia.
Con tanto di ricetta medica, mia moglie va al CUP, il centro unico di prenotazione dell’Asp di Agrigento. Propongono una data che mi lascia a bocca aperta.
Ma come? Sono un codice 048 (il marchio dei pazienti oncologici), sono ancora dentro il percorso di esami e visite periodiche per tenere sotto controllo la patologia e l’area dove è stato rimosso il male, e mi rinviano così a lungo?
Propongono l’esame non tra un mese, non tra due, non nell’anno di Agrigento Capitale di Cultura, ma nel febbraio 2026 se intendo farlo a Sciacca.
La soluzione?
Presentarsi in una struttura privata e pagare, pagare, pagare.
E quindi?
Decido di emigrare fuori dalla mia provincia, dentro la mia autonoma regione siciliana.
Posso risalire per un esame di nuovo a Bologna? Aereo, permanenza… Tralascio i costi.
Mi presento così all’ospedale di Cefalù, struttura privata convenzionata col sistema sanitario pubblico. Due ore e mezzo di macchina per arrivarci. Sto due giorni. Faccio l’esame il 7 novembre. Ho una diagnosi che mi mette ancor più in allarme. L’esame si deve comunque ripetere e con urgenza, perché il medico non riesce a completare l’indagine a causa del mio colon.
Di nuovo la trafila, di nuovo a sbattere la testa a muro: prescrizione medica urgente, codice oncologico 048, quesito diagnostico che si presenta con la sua evidente gravità, referto allarmante del medico di Cefalù che si rende subito disponibile a ripetere l’esame entro la settimana successiva. Ma non me la sento di rimettermi in macchina, soffro a stare seduto per tanto tempo. E allora riprovo la strada del CUP del servizio sanitario pubblico. Ora c’è l’aggravante del referto di Cefalù.
Così penso io, così spero.
Mi propongono due date: vicino a casa mia a novembre 2026; all’ospedale di Canicattì il 14 agosto 2025. Scelgo la data più vicina, quella dell’anno in cui si celebrerà Agrigento Capitale della Cultura e non della Cultura Sanitaria.
Un medico mi consiglia di accettare qualsiasi data e qualsiasi destinazione perché poi mi avrebbero chiamato da una struttura dell’ASP, tale CUR, nell’ambito di un progetto per l’abbattimento delle liste d’attesa. Ancora, vista l’urgenza, da martedì 12 novembre giorno della prenotazione, attendo la chiamata.
E nel frattempo?
Vista l’urgenza e i preoccupanti episodi che non si arrestano, mia moglie prenota in un centro diagnostico privato a Sciacca che, pagando, nel giro di una settimana mi sottopone all’esame che avrei voluto e dovuto fare in un ospedale pubblico perché ne ho pieno diritto e perché se si dovesse verificare una difficoltà – come accaduto – accedi subito ad altri reparti.
PAGATO E SERVITO!
Se fossi stato costretto in questi tre anni a pagare ogni esame, ogni visita, ogni farmaco, i due interventi chirurgici, i tre ricoveri, sarei morto prima e mi sarei risparmiato il lungo e incerto calvario. Dove si prendono i soldi per affrontare col privato la lotta contro le aggressioni tumorali? Chi farebbe un prestito a uno che rischia di non esserci più? Quale assicurazione si farebbe avanti per tutelare la salute di un cittadino italiano?
Alle autorità sanitarie dico: riuscite a capire quello a cui si è costretti ad andare incontro? Riuscite a mettervi nei nostri panni, nelle nostre carni lacerate, nelle nostre teste sempre allarmate, nei nostri cuori che impazziscono di battiti al primo sospetto sintomo?
QUESTA NON È LA MIA SANITÀ, LA SANITÀ DI CUI HO BISOGNO.
Sono un paziente che in questa fase del suo percorso ha sintomi o complicazioni che non possono attendere due anni. Sono un paziente X, come altri pazienti oncologici e altri pazienti con altre gravi patologie che hanno le loro necessità e urgenze, che hanno bisogno della sanità pubblica perché senza morirebbero. Siamo pazienti che ogni notte si addormentano sperando che l’indomani mattina la malattia non si risvegli con noi.
Raimondo Moncada
P.S. La colonscopia ha avuto un costo notevole (tralascio il dettaglio) a cui bisogna aggiungere le spese affrontate per raggiungere Cefalù e starci, e i farmaci per la preparazione”.
“Mi hanno contattato oggi Tv e Radio locali e nazionali per interviste e partecipazioni a trasmissioni. Ma non me la sono sentita. Mi sento emotivamente ancora provato. Quello che mi sentivo di urgente da dire sulla prenotazione di una colonscopia in tempi assurdi l’ho scritto ieri. Ho ringraziato per la delicatezza e l’attenzione.
Ho anche ricevuto una telefonata dalla direzione dell’ospedale Giglio di Cefalù. Hanno voluto sapere come stavo e hanno confermato la loro disponibilità per qualsiasi bisogno. Ho avuto modo di ringraziare per come sono stato ricevuto e trattato durante il primo esame e per la disponibilità a fare il secondo urgente esame nel giro di una settimana (ho spiegato che non volendo più affrontare in macchina il lungo e per me sofferto viaggio, ho cercato altre soluzioni più vicine a casa).
Ho ricevuto tanti messaggi anche da associazioni dei consumatori. Ho ringraziato per la disponibilità a sostenermi.
Ho ricevuto tanti messaggi di amici e conoscenti, anche di presenza: “Per qualsiasi cosa siamo con te!”
E a fine mattinata ho ricevuto la telefonata del direttore generale dell’Asp di Agrigento Giuseppe Capodieci che a nome personale e dell’azienda, dispiaciuto, mi ha chiesto scusa per quanto accaduto esprimendomi vicinanza e solidarietà. Mi ha detto che da tempo lavora all’abbattimento delle liste d’attesa per tutto e per tutti, che è un suo primario obiettivo, e che il suo cruccio sono purtroppo le colonscopie e le risonanze magnetiche per problemi di personale. Ma mi ha detto che cambierà l’organizzazione e che attiverà un nuovo servizio per i pazienti con gravi patologie.
Mi ha fatto molto piacere ricevere così tanti messaggi e quest’ultima telefonata, essere ascoltato, confortato, rassicurato. La sanità dal volto umano.
Grazie di cuore a tutti”.
Raimondo Moncada