E se Sciacca volesse cambiare provincia, lasciando quella di Agrigento?
Diciamoci la verità, questa idea che a primo acchito può apparire del tutto stravagante ormai da un pò di tempo serpeggia sottovoce, ma sempre più insistente e diffusa, nel chiacchiericcio popolare cittadino.
Sarà anche del tutto immaginaria, ma sempre più di frequente capita di scambiare quattro chiacchiere con un amico su una delle tante problematiche cittadine e che nella discussione venga fuori improvvisamente un’esclamazione mista tra rassegnazione e speranza del tipo: …finché non ci decideremo a cambiare provincia…
Questo più o meno inconfessato desiderio di eliminare quel (AG) accanto al nome della propria città scaturisce a nostro avviso essenzialmente da due fattori:
Il primo è la posizione periferica in cui si colloca Sciacca nel territorio provinciale, collocata com’è molto più vicina al territorio trapanese e a quello palermitano rispetto a buona parte dell’agrigentino, con l’ulteriore tassello rappresentato dalla rete stradale di collegamenti, sicuramente migliori e più veloci verso Trapani e Palermo.
Il secondo fattore, a torto o ragione, è la convinzione ormai diffusa è che l’accoppiata con Agrigento risulti quasi sempre penalizzante per Sciacca, perché le più importanti decisioni della politica nazionale, regionale e provinciale risentirebbero di una prevalente “visione agrigentocentrica”, che finisce per imporre a Sciacca una marginalità non solo geografica: ospedale e questione idrica vengono considerati due esempi in questo senso.
Il bello è che la questione non è affatto nuova, ma ha un suo precedente legislativo nel 1879, in pieno Regno d’Italia, quando l’on.le Saverio Friscia, nostro illustre concittadino, nella 19/XIII legislatura presentò il 19/3/1879 un disegno di legge in cui si prevedeva l’aggregazione del circondario di Sciacca alla provincia di Palermo.
Raccontano le nostre fonti informative (ringraziamo Renato Sanfilippo, cittadino attivo che si batte per tante cause identitarie della nostra città) che nonostante il voto contrario del riberese Crispi, a seguito di doppia prova e doppia controprova il disegno di legge venne approvato dalla Camera; non sapremmo dirvi tuttavia il perché tale approvazione legislativa non ebbe poi un concreto seguito.
È tuttavia uno spunto di riflessione il fatto che un politico di grande statura politica (allora li avevamo…) quale l’on.le Saverio Friscia sostenesse quasi centocinquanta anni addietro l’esigenza e l’opportunità di trasferire Sciacca e il suo circondario in un territorio provinciale diverso da quello di Agrigento.
Abbiamo un pò per gioco cercato di capire quale procedura consentirebbe oggi ad un Comune italiano di modificare la propria provincia di appartenenza, ricorrendo all’ormai consueta fonte informativa rappresentata da internet.
In questo articolo sul quotidiano La stampa del 2009 si legge:
“Ma è possibile passare da una provincia all’altra?
Sì, ma il percorso è arduo. Come spiega Antonio Saitta – presidente della Provincia di Torino e vicepresidente dell’Unione Province d’Italia (Upi) – la delimitazione territoriale rimanda a una legge dello Stato: in questo caso, bisogna cambiarla passando per Camera e Senato. Le ragioni che possono giustificare una simile richiesta sono di natura prevalentemente politica. In genere si tratta di Comuni che, sentendosi marginalizzati, ritengono di poter ottenere dal cambio maggiore attenzione e quindi servizi migliori”.
In data 26.3.2013 invece il Segretario Generale del comune di Piombino, Dott.ssa Maria Luisa Massai, così scriveva in una nota dedicata alla normativa di riferimento per la procedura di modifica delle circoscrizioni provinciali:
“La materia del mutamento delle circoscrizioni provinciali trova disciplina nell’art. 133, 1° comma della Costituzione per il quale: “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabilite con Leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni sentita la stessa Regione”. Non risultano leggi statali intervenute a dettare una disciplina di dettaglio dell’iter procedurale per cui l’unico riferimento rimane la norma costituzionale.
L’avvio della procedura nel Comune di Piombino
Nel Comune di Piombino l’iniziativa per il passaggio dalla Provincia di Livorno a quella di Grosseto è stata avviata da un comitato di cittadini, il Comitato “Piombino in Provincia di Grosseto”, che ha raccolto 5640 firme di cui le prime 4.776 depositate presso il Comune in data 3.12.2012 e le ulteriori 864 depositate in data 12.12 .2012. In merito al diritto di petizione lo Statuto del Comune prevede all’art. 21: “Cittadini, organizzazioni, enti o associazioni possono rivolgere al Comune istanze e petizioni per chiedere provvedimenti, esporre problemi e promuovere interventi da parte dell’ente. All’istanza o petizione deve essere data risposta nel termine massimo di trenta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza da parte del Comune. Ove questo non sia possibile, entro gli stessi termini deve essere data risposta con l’analitica indicazione dei motivi ostativi”. Il Comune ha pertanto sottoposto al Consiglio Comunale, nella seduta del 12.12.2012, la delibera con cui il Consiglio , preso atto della petizione popolare relativa al trasferimento del Comune di Piombino alla Provincia di Grosseto, avrebbe dovuto esprimere la propria posizione in merito alla richiesta. Nella stessa seduta tuttavia il Consiglio decideva di sospendere la votazione sull’atto deliberativo, approvando un Ordine del giorno per la costituzione di una commissione consiliare formata dai rappresentanti dei gruppi consiliari (delibera C.C. n. 5 del 21/01/2013) preposta alla promozione fra la società organizzata della Città di Piombino di dibattiti e discussioni sul tema, che, auspicabilmente, si dovrebbero allargare anche ai Comuni limitrofi. La conclusione dei lavori della Commissione è prevista per fine marzo 2013. Terminati i lavori della Commissione, il Consiglio Comunale sarà pertanto nuovamente chiamato a pronunciarsi sull’accoglimento o meno della proposta di mutamento della circoscrizione provinciale, pronuncia che sarà resa più consapevole e documentata proprio in forza dei risultati dell’attività di approfondimento e consultazione condotta dalla Commissione.
L’iter legislativo
Nel caso in cui la posizione espressa dal Consiglio Comunale sia favorevole al cambio di Provincia dovrà essere avviata la procedura prevista dall’art. 133 Cost. per la formazione della legge statale di modifica della circoscrizione provinciale. La delibera dovrà pertanto essere inviata:
- alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
- alla Presidenza della Camera dei Deputati
- alla Presidenza del Senato
- al Presidente della Regione e al Presidente del Consiglio Regionale
L’iniziativa legislativa potrà essere assunta da uno o più deputati o senatori che dovranno presentare il progetto di legge. Questo viene assegnato alla Commissione parlamentare competente per materia (commissione affari costituzionali) che svolge un’istruttoria, prepara un testo da sottoporre all’Assemblea e presenta una relazione, incaricando un relatore per l’illustrazione del testo in Assemblea ( la Commissione opera in sede referente). Se il progetto di legge è stato presentato al Senato, una volta approvato viene trasmesso alla Camera ( e viceversa) ed esaminato secondo la stessa procedura , quindi assegnato alla Commissione competente in sede referente e sottoposto all’approvazione della Camera. Tuttavia potrebbe essere adottato il procedimento abbreviato che rimette sia l’esame che l’approvazione definitiva del progetto di legge alle Commissioni parlamentari in sede legislativa, senza l’invio alle Assemblee di Camera e Senato. Nell’unico precedente cui possiamo fare riferimento relativo al passaggio di 5 Comuni dalla provincia di Milano a quella di Monza-Brianza, i lavori preparatori, in cui le Commissioni hanno operato sia in sede referente che legislativa, hanno avuto una durata di circa un anno e mezzo ( dal 9.7.2008 data in cui è stata presentato il disegno di legge da alcuni senatori al 9.12.2009 data di promulgazione della legge statale di distacco dei Comuni dalla Provincia di Milano e aggregazione alla Provincia di Monza-Brianza). Per quanto attiene al ruolo della Regione, questa è chiamata dalla norma costituzionale ad esprimere un parere sulla richiesta di modifica della circoscrizione provinciale ( sentita la stessa Regione) ma tale parere non deve essere richiesto preventivamente dal Comune per essere messo a corredo dell’atto deliberativo prima dell’inoltro a Governo e Parlamento per l’ avvio dell’iter legislativo, ma saranno gli stessi organi deputati alla formazione della legge a livello statale ( e pertanto le Commissioni parlamentari in sede referente) che nel corso dell’istruttoria dovranno acquisire la posizione della Regione sul progetto di legge. Tuttavia la Regione dovrà essere ricompresa tra i destinatari cui il Comune provvede ad inviare l’atto deliberativo del Consiglio Comunale per renderla fin da subito edotta della volontà espressa dal Comune e dell’avvio del relativo iter legislativo nel quale dovrà essere sentita.
La legge di modifica della circoscrizione provinciale
Per quanto riguarda il contenuto della legge statale, non potendo rinvenire una specifica disciplina in materia, come anticipato in premessa, potremmo prendere a riferimento ancora la legge n. 183 del 9.12.2009 per il passaggio dei 5 Comuni dalla provincia di Milano a quella di Monza-Brianza che può costituire un precedente in materia. La legge prevede la nomina, con decreto del Ministro dell’Interno da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa, di un Commissario che avrà il compito di promuovere tutti gli adempimenti necessari al passaggio del Comune da una Provincia all’altra. Le operazioni dovranno essere condotte con il concorso delle due Province e con la partecipazione di un rappresentante delegato dal Comune, e dovranno concludersi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge e comunque, in caso di proroga, non oltre un anno dalla stessa data. Il Commissario provvede con propri atti in tutti i casi in cui gli adempimenti non siano posti in essere dalle Province. Dovranno essere modificate le circoscrizioni dei collegi elettorali e trasferiti tutti gli atti e le pratiche amministrative pendenti presso organi e uffici dello stato aventi sede nell’ambito della Provincia di origine riguardanti i cittadini del Comune interessato presso gli stessi organi e uffici aventi sede nella Provincia di destinazione”.